2009-08-31 08:10:01 UTC
Si, forse è un pò tardi ma che importa, non ho mai avuto tempo da dedicare a nessuno. O forse non l'ho mai considerato come tempo speso bene. Non sono asociale né insensibile ma solo riservata e schiva, avessi la comunicabilità di tante altre persone mi sentirei a disagio ovunque e con chiunque, non riuscirei comunque ad essere naturale nella parte. Ed ho un brutto difetto, quello di dimenticare spesso le cose, ho attacchi di amnesia su qualunque argomento, a volte anche su me stessa. Sono tante le cose di me che devo falsare, per mantenere la facciata in piedi devo ricordare quello che dico, come lo dico e far combaciare ogni bugia. E' arte anche questa.
La mia amnesia si sta facendo più forte, adesso sta mangiando i miei ricordi, le immagini, e le cose a cui tengo. Mi fa male la tempia sinistra ora, e sento una leggera tensione sull'occhio, è nervosismo. Quando cammino per strada, nella mia via alberata e incontro i visi di persone che non sono costretta a salutare, mi accorgo che la maggior parte di loro sono nelle mie stesse condizioni, ignorano tutto quello che non riescono a ricordare. Invece ho trovato altri modi per dire quello che penso, per comunicare un'idea: mi siedo e guardo il bianco, ha un odore strano, difficile da descrivere, e forte, tocco e sento una ruvidità piacevole, che stimola il tatto. Rimango un pò a guardare quel pezzo di vuoto, ripensando alle mie vecchie galline viola e le note stilizzate disegnate su un quaderno a quadrettoni. "Mamma, guarda, ho composto una sinfonia".
Mi viene da ridere a pensare all'ingenuità che mi ha spesso contraddistinta, nascosta da un velo di falsa sicurezza e da una caparbia ideologia spinta fuori anche quando non era necessario o quando non era giusto. Mai sovvertito le regole, non ho bisogno di non rispettarle, io so di poterle cambiare ed è ciò che faccio.
Ritorniamo al bianco: è là, abbagliante come una giornata di sole a Mykonos, una delle porte dell'immaginazione. Mi immagino campi arati, covoni di fieno, come quelli fuori città sulla via per Tarquinia, bagnati dalla luce intensa del sole. Una cornacchia stende le ali sotto al sole, il grano sembra rosso, i tralicci gareggiano con i cipressi in una gara d'altezza, le macchine passano noncuranti accanto a quella parte di natura rimasta aggrappata alla terra, nonostante intorno ad essa non ci sia altro che cemento e asfalto. L'ostinazione, basata su qualunque idea o credo, va sempre premiata.
Invece il bianco piano piano diventa verde, con le dita modello uno sfondo, mi è sempre piaciuto avere le mani sporche di colore, le forme e le combinazioni non sono mai uguali, proprio come le impronte digitali. Allora penso ad una donna, tanti capelli rossi, una pelle bagnata nel latte, lo sguardo passivo. Le tocco il viso, quelle sopracciglia disegnate e curve come ali di gabbiani in volo, i capelli come fili di rame, l'elettricità del corpo in movimento. Lei mi guarda, già appena nata ha tante cose da dire, non si vergogna di essere nuda, lei scruta l'infinito riflesso. Finalmente la sua figura danzante si ferma, idealizzata e plastica in una posa scomoda. La guardo nei particolari e ne cerco i difetti per correggerli, poco colore o troppo, segni di sbavature, vaghe imperfezioni prospettiche, impressioni d'autunno nel suo sguardo. I suoi capelli rossicci sembrano alberi in decadenza, le sue braccia bianche sono rami spogli, in un'ultimo atto di leggiadrìa e movenza. Adesso il suo sguardo è diverso, è malinconico, velato di risentimento, è svuotato di parole primaverili, è incendiata di passione. Chissà cosa mi vuole dire, questa immagine, questa dea improvvisata e profana, un'insignificante baratto di colori che cerca di comunicare con gli occhi. Le tocco una gamba, attraverso le venature del colore asciutto e liscio, una pennellata piena e decisa, un solco che ha creato una vita nuova in un mondo diverso. Appena uscita dalla mia testa, incede con passo delicato sulla superficie di colore ad olio, impastata e cicatrizzata. Salgo sui fianchi, è così bella, piena e viva, le vene visibili sembrano strade che portano al cuore, le ombre la fanno reale. Poi le braccia e il seno, piano sul collo ed il viso in autunno, che non ha cambiato più espressione. Irrigidita, procede con lo sguardo vacuo nella direzione dell'eternità.